DISLIPIDEMIE

Il management del progetto

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  Il colesterolo è la molecola “più decorata” in biologia, se si considera che ben 13 premi Nobel, dal 1928, se ne sono occupati, assieme alle sue interazioni con la parete vascolare, responsabile dell’aterosclerosi e degli eventi cardiovascolari4.

 Considerando che le alte concentrazioni plasmatiche di colesterolo, soprattutto di quello legato alle lipoproteine a bassa densità, o LDL (Low Density Lipoprotein), sono uno dei principali fattori di rischio dell’aterosclerosi, per molti anni si è ritenuto che l’aterogenesi consistesse principalmente nell’accumulo di lipidi nella parete vascolare. In realtà, l’aterosclerosi è una malattia infiammatoria le placche aterosclerotiche instabili, responsabili degli eventi cardiovascolari, rappresentano il risultato di una serie di risposte cellulari e molecolari molto specifiche, riferibili al modello della malattia infiammatoria cronica.

     Nella loro globalità, le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nei Paesi industrializzati. Le complicanze cliniche della cardiopatia ischemica sono uno dei principali motivi d’incremento della spesa sanitaria e delle cause d’invalidità e rappresentano, pertanto, un problema sanitario di rilevanza enorme. Molti Paesi hanno preso coscienza di questa emergenza e hanno impostato efficaci campagne di prevenzione sia individuali sia nazionali, che hanno iniziato a modificare i trend temporali d’incidenza di queste patologie. In effetti, il numero di eventi coronarici è in chiara riduzione nei Paesi dell’America settentrionale, in Australia e nell’Europa occidentale e settentrionale. Al contrario, tali patologie stanno aumentando in maniera preoccupante nell’Europa centrale e orientale e nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. Questi dati sono sovrapponibili per maschi e femmine. L’Italia e i Paesi del bacino del Mediterraneo sono considerati a minore incidenza di malattie cardiovascolari, ma il trend sembra variare questo dato non è uniforme su tutto il territorio nazionale: l’Italia settentrionale presenta dei trend positivi superiori del meridione5.

     Le osservazioni riguardanti la diversa incidenza e prevalenza della malattia in aree dove le abitudini di vita e di alimentazione appaiono molto differenti hanno da sempre colpito l’attenzione dei diversi studiosi. In particolare, è stato subito evidente un rapporto tra consumo di grassi animali e tendenza a sviluppare la malattia.

     La relazione esistente tra ipercolesterolemia e aterosclerosi è del resto nota da molto tempo e numerose sono state le conferme sperimentali a favore di uno stretto rapporto tra apporto lipidico (o, meglio, di determinati lipidi) e aterosclerosi. La teoria lipidica dell’aterosclerosi è nata nei primi anni del Novecento, dagli studi pionieristici di Anitschkow e Ignatowski, che sono riusciti a dimostrare che un’alimentazione ricca di colesterolo induceva nell’animale un esteso danno vascolare. Più recentemente (1973), un veterinario giapponese, Watanabe, è riuscito a individuare un ceppo di conigli (che da allora sono chiamati conigli Watanabe) con livelli di colesterolo 10 volte superiori a quelli normali e affetti da aterosclerosi delle coronarie1. È stato poi dimostrato che tali conigli presentano un difetto recettoriale delle membrane epatiche, geneticamente trasmesso come carattere autosomico dominante, del tutto simile a quello responsabile dell’ipercolesterolemia familiare. È comunque stato evidente a ogni studioso in questo campo un aspetto fondamentale: la costante abbondanza di lipidi nelle lesioni arteriose responsabili degli eventi cardiovascolari.

     Vari tasselli sono stati progressivamente introdotti: 1) la descrizione, nell’uomo, di forme di dislipidemie familiari associate a precoce mortalità cardiovascolare; 2) la caratterizzazione delle lipoproteine; 3) l’identificazione del rischio connesso a elevati livelli di LDL e di lipoproteina a; 4) l’effetto protettivo svolto dalle lipoproteine ad alta densità (HDL, High Density Lipoprotein); 5) il riconoscimento di anomalie recettoriali3. Queste evidenze si sono progressivamente integrate con quelle derivanti da studi clinici osservazionali.

     Nel 1948 a Framingham, piccola cittadina a ovest di Boston, è partito uno studio epidemiologico fondamentale4, che dura tuttora, e i cui risultati rappresentano una pietra miliare nella dimostrazione della correlazione tra dislipidemia e malattia vascolare. Esso ha stabilito l’esistenza di una correlazione diretta tra mortalità coronaria e colesterolo LDL e inversa con il colesterolo HDL ed è su questa base che sono state costruite le linee guida di prevenzione della malattia cardiovascolare.

     Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso sono apparsi anche i primi risultati di studi clinici sull’incidenza d’infarto del miocardio in soggetti dislipidemici trattati farmacologicamente. Allora, però, i farmaci disponibili11 erano scarsamente efficaci e i gruppi studiati abbastanza esigui, per cui i risultati erano apparsi favorevoli, ma non sempre significativi. Più recentemente, dagli anni 90 del secolo scorso, studi di prevenzione primaria e secondaria con nuovi presidi terapeutici (statine o inibitori dell’idrossi-metil-glutarilCoA redattasi) hanno invece evidenziato in modo indiscutibile l’efficacia nella riduzione di mortalità e morbilità nell’abbassamento della colesterolemia2.

Bibliografia

  1. http://www.regioni.it/home/sanita-riparto-2014-974/ (accesso aprile 2015)
  2. Conferenze Stato Regioni e Unificata, Rep. Atti n. 13/CSR del 20 febbraio 2014: Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministero della salute sulle linee progettuali per l’utilizzo da parte delle Regioni delle risorse vincolate, ai sensi dell’articolo 1, commi 34 e 34bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l’anno 2013. Accordo ai sensi dell’articolo 1, comma 34bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
  3. Tarn DM, Paterniti DA, Wenger NS, Williams BR, Chewning BA. Older patient, physician and pharmacist perspectives about community pharmacists’ roles. Int J Pharm Pract. 2012; 20; 285–93.
  4. Klop, B, Elte, JWF, Cabezas MC. Dyslipidemia in obesity: mechanisms and potential targets. Nutrients 5, 1218–1240 (2013).
  5. Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia: la sorveglianza Passi http://www.epicentro.iss.it/passi/ (accesso aprile 2015)
  6. Nicoll, R, Howard JM, Henein MY. A Review of the Effect of Diet on Cardiovascular Calcification. Int J Mol Sci 16, 8861–8883 (2015).
  7. Framingham Heart Study – https://www.framinghamheartstudy.org/ (accesso aprile 2015)
  8. Anderson TJ et al. The New Dyslipidemia Guidelines: What Is the Debate? Can J Cardiol (2014).
  9. Nordestgaard BG et al. Familial hypercholesterolaemia is underdiagnosed and undertreated in the general population: guidance for clinicians to prevent coronary heart disease: consensus statement of the European Atherosclerosis Society. Eur. Heart J. 34, 3478–3490a (2013).

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